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18/11/2024

LA STORIA: VLADIMIR PACL, LASCIARE TUTTO PER LA LIBERTA'

LA STORIA: VLADIMIR PACL, LASCIARE TUTTO PER LA LIBERTA

La storia di Vladimir Pacl e lo sport dell’Orienteering è cosa nota. Ma cosa avvenne precedentemente al suo arrivo e come nacque la fuga dalla Primavera di Praga? Ecco un racconto che ne ricostruisce le dinamiche, legami e sviluppi di una vicenda che ha radici lontane, ma arriva fino ai giorni nostri.

MALÈ (TN): Come spesso accade, le vicende dei protagonisti di storie importanti sono avvolte dalla nebbia dei ricordi e passano di bocca in bocca, deformandosi progressivamente. Anche l’origine dell’Orienteering in Italia viene raccontata in modo incerto, a volte addirittura romanzata, come in effetti meriterebbero le storie più belle.

La nostra storia inizia in realtà con una ribellione a cui è corrisposto un gesto di grande generosità.

Il 5 gennaio 1968 Alexander Dubcek aveva tentato una radicale democratizzazione della Cecoslovacchia, concedendo un’ampia libertà di stampa e nuovi diritti ai cittadini, ma soprattutto ventilando la tripartizione di quello Stato in Boemia, Moravia/Slesia e Slovacchia (realizzata in seguito con la suddivisione in Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca). Tra il 20 e il 21 agosto 1968 l’Unione Sovietica represse con i carri armati questo tentativo di cambiamento a cui seguì una rivolta popolare, nota alla storia come “Primavera di Praga”.

Fra le personalità di spicco che sostenevano lo slancio riformista di Dubcek, c’era Vladimir Pacl, componente del CIO, presidente della Federazione Internazionale di sci nordico nonché segretario del Comitato Olimpico Cecoslovacco. Assieme ad altri 70 autorevoli personaggi cecoslovacchi, tra cui Emil Zatopec, egli sottoscrisse il “Manifesto delle duemila parole”, a sostegno delle nuove riforme.

La repressione fu cruenta e molti dissidenti furono privati di ogni bene. Emil Zatopek, forse lo sportivo cecoslovacco più famoso nel mondo, al ritorno dalle Olimpiadi di Città del Messico, dove non gareggiò, fu mandato per sei anni a lavorare in un magazzino delle miniere di uranio di Jachimov per poi tornare nella capitale a fare lo spazzino. Anche Vladimir Pacl avrebbe potuto subire una sorte simile ma il destino per lui sarebbe stato diverso.

A Parigi, nella primavera del ’71, si teneva una riunione tra i rappresentanti dei vari comitati olimpici nazionali e federazioni di sport invernali, forse per discutere delle candidature delle Olimpiadi invernali che avrebbero dovuto svolgersi dopo Sapporo (1972). Alla riunione erano presenti per l’Italia Fabio Conci, all’epoca presidente della FISI, e Claudio Battisti, consigliere nazionale della stessa federazione. C’era anche Pacl, quel giorno stranamente taciturno, che alla fine si dileguò in fretta senza salutare nessuno.

“Due giorni dopo, rientrati a Trento – racconta Claudio Battisti – ricevetti una telefonata di Conci che mi chiedeva di raggiungerlo subito a casa sua, perché era arrivato all’improvviso Vladimir Pacl. Sbrigai velocemente le pratiche in corso e uscii dal Palazzo della Provincia, incontrando proprio sul portone l’amico Vladimir. Era fuggito in treno da Parigi ed era arrivato a Trento passando chissà come i controlli delle frontiere. Una delle maggiori autorità sportive cecoslovacche, fra i più autorevoli dirigenti del movimento olimpico mondiale, era lì davanti a me, con due valigie in mano”.

Battisti capì al volo la situazione: stava abbandonando per sempre la sua patria invasa dai carri armati. Gli tornò alla mente il primo incontro con quell’uomo, avvenuto nel ’66 a Holmenkollen, uno dei principali centri norvegesi per lo sci nordico, a nord di Oslo in Norvegia. La delegazione italiana della FISI, composta da Fabio Conci e Claudio Battisti, cercava alleati che sostenessero la candidatura italiana per i mondiali di discesa, da svolgere in Val Gardena (in competizione con la svizzera Saint Moritz). Nella sala dove le delegazioni stavano assistendo a una sfilata di moda, individuarono come possibili alleati i dirigenti della delegazione cecoslovacca, che avrebbero potuto portare dalla loro parte anche altri paesi dell’Est europeo.

La birra scorreva generosamente, ma arrivato il momento di pagare, Vladimir, capo della delegazione cecoslovacca, trasalì per l’entità del conto. Quale occasione migliore per accattivarsi la simpatia di un possibile alleato. Bastò un cenno di intesa tra Battisti e Conci per pagare anche il conto dei cecoslovacchi.

La serata proseguì rinsaldando un’amicizia che sarebbe proseguita negli anni e che portò anche all’assegnazione dei Mondiali di Sci in Val Gardena, che si disputarono dall’8 al 15 febbraio del 1970. Quell’uomo, così importante, così capace e generoso, ora era lì sul portone della Provincia di Trento, con tutto il suo mondo racchiuso in quelle valigie: aveva lasciato per sempre la sua casa, la moglie Dagmar, le nazionali di sci, gli incarichi sportivi e soprattutto il progetto di un'Olimpiade da ospitare a Praga nel 1980.

Senza chiedere spiegazioni, Battisti lo caricò in macchina e lo portò nel suo appartamento di Bolzano, dove rimase qualche mese, il tempo di preparargli le carte per il riconoscimento di rifugiato politico. Con l’aiuto di Duilio Durissini di Trieste, anch’egli consigliere della FISI, riuscirono a farlo accogliere nel campo profughi friulano, dove qualche mese dopo fu regolarizzato con lo status di “cittadino del mondo”.

Iniziava da allora la storia di Vladimir Pacl in Italia, ospite dapprima a Ronzone in Val di Non e poi a Malè in Val di Sole, tra quelle montagne che tanto ricordavano i suoi monti Tatra, in quelle foreste italiane dove farà germogliare “lo sport dei boschi”, che cinquant’anni dopo sarà praticato in tutta la nostra penisola da migliaia di appassionati orientisti.

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